Quando vengono invitate ad entrare
nella stanza ampia e fumosa, sono sollevate: anche se sono passati solo tre
quarti d’ora, a lei sono sembrati lunghi quanto una giornata intera. Percorrono
fino in fondo lo stretto corridoio, appena illuminato da una lampadina a
incandescenza, che ad ogni passo dà segno di spegnersi. L’ombra all’interno
della stanza traballa sfocata, donando un aspetto bizzarro al mago, che sta
seduto vicino ad un tavolo coperto da una logora tovaglia di colore amaranto
damascato.
L’uomo, col completo di velluto marrone
a coste larghe, porta sul capo una ciccìa dello stesso tessuto rigato che si toglie con riguardo, poggiandola sul palmo
della mano all’approssimarsi di Errita e mia nonna Giuannica, che precedono di
qualche passo mamma Palmina. Quell’uomo haun volto rassicurante, nonostante con
lo sguardole squadrasse da capo a piedi.
«Cosa cercate buona femmina?»
Ha puntato Giuannica con la mano, come
se fosse al corrente che delle tre donne, fosse proprio lei in cerca di
risposte. Giuannica, dopo un lungo sospiro, risponde con un leggero rossore.
«Vorrei notizie di mio figlio. È
sparito.»
«Sparito? Sparito, sparito! Vediamo
cosa possiamo fare. Vediamo se qualche anima benevola ce lo racconta. Sedetevi
tranquilla, non sempre le cose che pensiamo risultano essere tali.»
Quel bizzarro signore prende dalle mani
un vecchio abito che Giovanna aveva raccattato nello scatolone dove mette i
vestiti di suo figlio Antonio, poi cerca di consolare le donne visibilmente
scoraggiate, mentre mesce dell’acqua in un piatto di
ceramica bianca.
Dopo aver fissato il fondo del piatto
finché si arresta il tremolio dell’acqua, invita nonna Giuannica a sedersi
senza incrociare le gambe,dunque le dice di pensare intensamente al motivo
della sua visita.
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