Albeggia
appena quando il rintocco delle campane risuona sei colpi ben distinti, più
quello lieve della mezz’ora, quando mamma Palmina, con la solita operosità,
spazza il tratto di strada davanti alla sua casa. Passa con rancore la scopa di
saggina, come se da s’imperdau volesse rimuovere tutte le
amarezze della terra e, più che altro, la faccia di quel maledetto che le aveva
procurato tanto tormento.
Poi,
con uguale risentimento, scende spiccia i cinque gradini di granito, per dare una
bella sfregata a tutte le ragnatele. Alla destra, un fusto attorcigliato di uva
rosata aggrappa i viticci tenacemente al tutore e, coi lunghi tralci coperti di
pampini verdi, disegna al di sotto una sagoma frastagliata, facendo ombra alla
ruota solitaria. Babbo Dino l’aveva posata tra due ceppi paralleli ed ogni
tanto, mentre si riposa, fa colare pian piano
un filo d’acqua con un vecchio barattolo di conserva di pomodoro, e pedala
rapido facendola scricchiolare. Nonostante sia disarticolata come i fianchi
delle donne anziane, con quella mola riesce ad affilare i coltelli che usa mamma
in cucina, il trincetto per gli olivastri, la falce per il fieno e, neanche a
dirlo, anche gli attrezzi del nostro vicinato e del vicinato più in là.
Nell’angolo sinistro dei quattro muri di granito, compare un rubinetto in
ottone lucido, che rifornisce il lavatoio in graniglia consumata, sempre colmo
di biancheria.
Ama
la pulizia mamma Palmina, e raramente la trascura, neppure quando le vicine la
invitano a intrattenersi con loro per le consuete chiacchiere.
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